venerdì 29 maggio 2009

Cap. 4 - Crisi finanziaria e mercati

E' un dato ormai noto ed acquisito che la crisi finanziaria ha avuto origine all'interno del sistema bancario e propagandosi attraverso il sistema finanziario ha contagiato l'intera economia mondiale, causando una grave recessione con perdita di milioni di posti di lavoro ed enormi costi per i bilanci pubblici. Per inciso, le spese nei vari interventi governativi a sostegno del sistema bancario sono stimate in circa $ 14 trilioni, o se si preferisce nel 25% del PIL globale.(*) Le cause della crisi del sistema bancario sono state individuate nell'eccessivo uso della cartolarizzazione dei mutui sub-prime.(1)

Molti commentatori hanno voluto vedere nell'eccessiva deregolamentazione dei mercati finanziari le cause della crisi auspicando una maggiore regolamentazione. E' vero che il "sistema bancario ombra", composto da società veicolo di emanazione bancaria
specializzate nella raccolta (all'ingrosso) del risparmio mediante il collocamento di prodotti strutturati di credito, scambiava i titoli tossici sui mercati finanziari non regolamentati (c.d. over-the-counter, otc), ma non possono essere addebitate alla deregolamentazione dei mercati le cause della crisi, che vanno piuttosto ricercate nelle regole di deconsolidamento accordate alle banche universali. Per inciso, l'espressione sistema bancario ombra denota quella massa di passivita' nascoste, originata dalle stesse banche universali, che non compare nei loro bilanci d'esercizio perche' deconsolidata, ma che deve essere onorata. Il sistema finanziario ombra scambia sui mercati non regolamentati i titoli rappresentativi della massa oscura della banca universale, che resta cosi' nascosta dietro un velo grazie alla compiacenza regolamentare delle banche centrali e delle altre autorita' indipendenti di controllo che ne' consentono il deconsolidamento. Parte di questa massa oscura che abbruttisce i bilanci delle banche universali, con la crisi dei mutui sub-prime si e' trasformata in cocenti e sonore perdite, e giace senza vita nei bilanci delle banche centrali di mezzo mondo, nell'illusoria speranza che un giorno possa resciuscitare a nuova vita, scatenando tempeste valutarie. Parte e' stata messa nelle tasche delle famiglie e delle imprese, che vedono sfilarsi redditi, posti di lavoro e crescita, in cambio di nulla. Parte si aggira ancora occulta e minacciosa per i mercati in attesa di essere collocata in qualche fondo o bilancio governativo a spese del contribuente.



In verita' tutti i mercati finanziari, ad eccezione del mercato "interbancario", sia regolamentati che non regolamentati, hanno funzionato bene in modo efficace ed efficiente nel prezzare sia i titoli atipici, sia le azioni delle banche in odore di fallimento. In particolare i mercati azionari sono stati molto preziosi per il sistema bancario che li ha efficacemente utilizzati per fare liquidita' ed onorare gli impegni.(2) Cio' ovviamente ha causato una caduta dei prezzi dei corsi azionari per la pressione dell'offerta sulla domanda, ma questo fa' parte del gioco(3). I mercati non regolamentati sono stati altrettanto efficienti nel prezzare i titoli atipici collegati alle cartolarizzazioni dei mutui sub-prime (c.d. titoli tossici), quando gli attori hanno capito che incorporavano buona parte di carta straccia nonostante i giudizi di ampia solvibilita' - rivelatisi poi del tutto inadeguati - attribuiti dalle agenzie di ratings.(4)

L'efficienza del mercato nel prezzare i titoli tossici ha comportato nell'immediatezza, in una relazione di causa-effetto, sia l'aggravarsi della crisi del mercato immobiliare per la scomparsa dei mutui sub-prime e la correlata domanda di immobili, sia la crisi delle compagnie di assicurazione monoline.(5)

L'unico mercato fallito e' stato - guarda caso - quello "interbancario", un mercato partecipato solo dalle banche in cui coloro che hanno liquidita' in eccesso rispetto alla domanda programmata di moneta la prestano a coloro che sono a corto. Tuttavia le motivazioni di questo fallimento - guarda caso - non sono state addebitare alla deregolamentazione quanto piuttosto all'asimmetria informativa che si e' venuta a creare tra prestatori e prenditori di moneta. In sostanza le banche non si fidavano piu' le une delle altre e non si prestavano i soldi a vicenda in quanto esistendo un sistema bancario ombra (fuori bilancio) nessuno sapeva distinguere la banche solventi da quelle insolventi.

In questo contesto le famiglie, nella maggior parte dei casi, hanno continuato a fidarsi del sistema bancario mentre questo non si fidava piu' di se stesso. In qualche caso c'e' stata la corsa agli sportelli. Emblematica quella del 13 settembre 2007 agli sportelli della banca britannica Northern Rock Bank(6). La banca fu salvata solo con un intervento straordinario della Banca D'Inghilterra e poi nazionalizzata.

Alla luce di tutte queste considerazioni amareggiano le conclusioni per l'Italia a cui e' giunta la 6^ Commissione permanente del Senato che addita il fallimento alla deregolamentazione dei mercati.

La Commissione (i) si interroga "sulla validita' dei principi sui quali si regge il rapporto tra le regole e funzionamento dei mercati", senza interrogarsi pero' sulla validita' dei principi che reggono il rapporto tra le regole ed il funzionamento delle banche e degli altri intermediari finanziari; (ii) non contesta la "natura strategica del settore" del credito rispetto all'economia reale avendo pur formulato su di esso "un giudizio preoccupato sulle responsabilita' sistemiche"; (iii) auspica inspiegabilmente, da un lato, che venga assegnata alla Banca centrale europea la competenza della politica "in tema di mercati finanziari" dopo quella esclusiva monetaria, mentre dall'altro lamenta:

  1. la "debole azione della vigilanza ed il mancato operare di meccanismi di controllo";
  2. fenomeni di azzardo morale, "comportamenti scorretti e violazione dei principi etici fondamentali" non certo dei mercati o dei risparmiatori;
  3. un doveroso "richiamo convinto e esplicito all'intero sistema bancario ... a porre al centro la tutela del risparmio" ed alle "autorita' di vigilanza e controllo sulla necessita' di compiere ogni ulteriore sforzo al fine di garantire pienamente l'affidamento che imprese e risparmiatori ripongono nel sistema bancario" pena la continua perdita di fiducia e credibilita';
  4. la presenza di un "sistema bancario ombra" contrastata dalla netta affermazione del Governatore della Banca D'Italia dell'inesistenza di un tale sistema "fondato sulla circolazione fuori bilancio di prodotti tossici";
  5. la preoccupazione per (a) "la mancata trasparenza dei bilanci delle banche"; (b) "la violazione di regole prudenziali da parte delle banche nell'utilizzazione di strumenti finanziari derivati"; (c) "la posizione decisamente attendista delle autorita' di vigilanza su tali comportamenti"; (d) "la diffusione incontrastata di prodotti finanziari non iscritti a bilancio"; (e) la "perdita di credibilita' ed affidamento del sistema bancario" in relazione "a meccanismi di finanziamento e copertura dei rischi, posti a carico dei risparmiatori";
  6. un esplicito richiamo alla responsabilita' degli amministratori e dei dirigenti delle banche "al rispetto dei principi etici e deontologici all'altezza del ruolo".

Come dire, risparmiatore se ti butti nel fuoco ti fai meno male!

Tutto questo quindi la dice lunga sul potere acquisito dal gruppo di interesse del sistema bancario. Questa lobby e' chiaramente in grado di soggiogare gli uomini politici ai piu' alti livelli. Il Governo infatti, anziche' mettere in discussione tutta una serie di prerogative del sistema bancario - che vanno dalla autonomia ed indipendenza della banca centrale attinente alla vigilanza degli intermediari, alla negata liberalizzazione del mercato del credito con l'attribuzione della riserva della raccolta del risparmio tra il pubblico - cosa fa', tappa i buchi, si cala le braghe e pianifica di investire di nuovi poteri e prerogative quelle istituzioni dimostratesi per competenza tecnica, prestigio, elevatura morale dei suoi uomini, ben poco affidabili per il compito che era stato loro fiduciosamente conferito di ridurre l'asimmetria informativa tra famiglie ed imprese.

Pare veramente assurdo e sconcertante che di fronte ad una crisi causata da un sistema bancario affetto da un'eccessiva e rischiosa concentrazione e da gigantismo incontrollato ed incontrollabile, si invochino ulteriori autorita' indipendenti di controllo sovranazionali(7) con potenzialita' altamente anti-democratiche e neo-corporativiste(8), anziche' molto piu' democraticamente e legittimamente reintrodurre obblighi di specializzazione del sistema bancario tali da ridurre la dimensione degli intermediari(**) ed introducendo fattori di liberalizzazione del mercato del credito quali l'abrogazione del divieto della raccolta del risparmio tra il pubblico per eliminare l'oligopolio delle banche nel settore, "polverizzare" l'offerta e ridurre il rischio sistemico attraverso il frazionamento e la distribuzione del rischio di credito all'interno di un numero maggiore di competitori che siano banche vere, e quindi senza la possibilita' che il rischio di credito possa essere ri-scaricato sui risparmiatori. (8bis)

Una reale autonomia decisionale del mondo politico avrebbe dovuto portare a conclusioni diametralmente opposte a quelle della Commissione sopra rappresentate, che mirano a premiare anziche' punire chi ha sbagliato. Meritavano forse maggior peso certe considerazioni svolte dalla Consob(9): "La crisi dei prestiti interbancari, che assicurano i flussi di liquidita' necessari a garantire l'operativita' delle banche e il rifinanziamento delle posizioni in scadenza, e' la causa patologica originaria che i Governi mondiali devono affrontare per risolvere la crisi e non solo per curare i suoi sintomi e i suoi effetti degenerativi". La Consob cosi' si e' espressa a parole, ma nei fatti anch'essa ha attacato l'asino dove voleva il padrone ed ha vietato - senza successo - le vendite allo scoperto(10) motivando la scelta "volta a limitare la speculazione" non certo ai danni dei risparmiatori, quando era noto che le banche dovevano vendere azioni per procurarsi liquidita'.

A sostegno del fatto che i mercati hanno funzionato bene anche nel tempo di crisi e che non sono la sua causa, si riporta quanto confermato dalla Consob, ossia che "non ha registrato condizioni anomale dei mercati ne' tanto meno situazioni di violazione di norme e regole di condotta".

Certo questo veniva confermato ai primi di ottobre 2008, ed oggi?

Oggi i mercati rischiano di essere manipolati dal sistema bancario grazie alle quasi infinite risorse monetarie messe a disposizione dalle banche centrali con operazioni definite "non convenzionali" (c.d. quantitative easing)***. Gia' negli anni trenta, durante la crisi del 1929, la reputazione di blasonate banche d'affari e' stata fortemente compromessa da comportamenti che paiono implicare la manipolazione dei mercati.(10) D'altro canto e' noto che i mercati borsistici statunitensi dopo le violente perdite accusate in un primo periodo recuperano terreno sino quasi a pareggiare le iniziali perdite, per poi discendere rapidamente ed inesorabilmente ben al di sotto dei minini precedenti. Nessuno assicura che l'iniziale recupero di allora prima del crollo definitivo non fosse il frutto di una manipolazione.

La manipolazione dei mercati finanziari ad opera del sistema bancario e' un rischio reale. Alcuni ricercatori ritengono tale rischio di manipolazione delle quotazioni effettivo nel momento in cui gli intermediari bancari intervengono sul mercato come market maker in quei programmi sponsorizzati dalle societa' di gestione del mercato per aumentare la liquidita' del mercato medesimo.

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(*) cfr. Banking on The State, Piergiorgio Alessandri & Andrew G. Haldane, Bank of England, Nov.2009, [http://www.bankofengland.co.uk/publications/speeches/2009/speech409.pdf]

(**) E pur si muove! 21 gennaio 2010, il Presidente degli Stati Uniti D'America, Barack Obama annuncia provvedimenti normativi diretti al settore bancario atti a (i) introdurre limitazioni all'esercizio dell'attivita' bancaria (limit the scope) quali il divieto all'esercizio di attivita' trading proprietario, di investimento in hedge funds e fondi di private equity; (ii) introdurre limitazioni alle quote di mercato (limit the size) detenute da singole istituzioni bancarie e finanziarie. Gli annunciati provvedimenti sono stati motivati dall'intento (i) di frenare un'eccessiva assunzione di rischi da parte delle banche e (ii) di proteggere i contribuenti dai costi di salvataggio a carico del bilancio pubblico di imprese finanziarie "troppo grandi per fallire" (too big, to fail). [http://www.whitehouse.gov/the-press-office/president-obama-calls-new-restrictions-size-and-scope-financial-institutions-rein-e]; Grafica interattiva della legge di riforma settore bancario e finanziario, approvata dal Senato USA, luglio 2010 (The Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act) [cfr. grafico riforma http://online.wsj.com/article/SB10001424052748704682604575369030061839958.html?#articleTabs%3Dinteractive]; [cfr. testo riforma http://www.sec.gov/about/laws/wallstreetreform-cpa.pdf]. Qualche giorno prima, Il 16 gennaio, Obama aveva annunciato una tassa per le maggiori banche tale da recuperare i fondi dei contribuenti spesi per il salvataggio del settore bancario dall'insolvenza. "We want the taxpayers’ money back, and we’re going to collect every dime." [http://www.whitehouse.gov/the-press-office/weekly-address-president-obama-vows-collect-every-dime-taxpayer-funds-helped-big-ba].
I due intenti - lobbies permettendo - sembrano apprezzabili, ma non c'e' alcuna rivoluzione copernicana del settore del credito, che potra' ancora contare su leva finanziaria e su bilanci, o artefatti con valutazioni molto soggettive e poco trasparenti, o peggio materialmente truccati come nel caso Lehman Brothers [Cfr. http://www.nytimes.com/2010/03/12/business/12lehman.html?hp; e' proprio il caso di dirlo: "lo scandalo Enron, da questo punto di vista, non e' servito a nulla!]. Le banche continuano ad operare in oligopolio realizzando gli extra-profitti procurati da antichi e tutt'ora vigenti privilegi, quali (i) la riserva di attivita' della raccolta del risparmio tra il pubblico ed (ii) il credito di ultima istanza, a carico del contribuente. Latitano principi contabili stringenti per dare certezza a solidita' e veridicita' dei bilanci delle banche, mancano norme di legge idonee a liberalizzare e modernizzare il mercato del credito, tali da consentire - almeno in parte - la disintermediazione del risparmio del sistema bancario. Queste regole di buon senso potrebbero pero' divenire ineludibili in un futuro prossimo, quando - per frenare l'inflazione galoppante e nel contempo sostenere gli investimenti delle imprese - l'unica ricetta disponibile sara' quella di rendere meno efficiente la creazione e la circolazione della moneta bancaria, e nel contempo fornire alle imprese l'accesso diretto alle risorse finanziarie in eccesso delle famiglie, ormai poco inclini ad accordare la loro fiducia ad un sistema finanziario bancocentrico in decozione. Con le regole attuali, solo decisori e burocrati miopi possono pensare di rinnovare fiducia al sistema bancario e perpetrare l'azzardo morale con risorse finanziarie del contribuente.

(***) cfr. Ben S. Bernanke, U.S. House of Representatives, Washington, D.C., 10 Feb. 2010, [http://www.federalreserve.gov/newsevents/testimony/bernanke20100210a.pdf]. Da segnalare l'affermazione (semplicistica e forse avventata) secondo cui le operazioni di innondazione di liquidita', c.d. di quantitative easing "...non hanno imposto costi ai contribuenti, anzi dette operazioni alla fine dei conti verosimilmente genereranno dei sostanziali ritorni per i contribuenti...". Sara' interessante verificare - alla fine della fiera - l'ammontare di questi "...significant positive returns..." e quali "...taxpayers..." ne avranno beneficiato. Sara' anche interessante verificare quanti di questi significativi vantaggi ci saranno ancora quando i contribuenti indosseranno le vesti di lavoratori/imprenditori o di risparmiatori/investitori o di consumatori e quindi quali saranno stati in concreto i risultati della politica economica e redistributiva della ricchezza portata avanti dalla Fed, con il dichiarato e principale scopo di stabilizzare il sistema finanziario.

(1) in gergo giornalistico e' stata coniata l'espressione "titoli tossici" per indicare tutta una serie di strumenti finanziari atipici (titoli atipici) divenuti illiquidi e che sono riferiti alle cartolarizzazioni dei mutui sub-prime scambiati su mercati non regolamentati (otc, over-the-counter): Residential Mortgage-Backet Securities (RMBSs); Asset-Backet Commercial Paper (ABCP); Collaterized Debt Obligations (CDOs); Credit Default Swaps (CDSs). In particolare, i CDSs sono essenzialmente un'assicurazione sul debito e sono costati ad AIG - American Internation Group la sostanziale nazionalizzazione da parte del Governo statunitense.


(2) Senato della Repubblica, Indagini conoscitive, XVI Leg. n. 29, marzo 2009 [http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/209203.pdf]

(3) una grande occasione per i piccoli risparmiatori, ma che certo non ha fatto piacere alle banche, tant'e' che oggi sono impudentemente a richiedere sotto l'egida della banca centrale, oltre alla competenza in campo monetario, anche la competenza in tema di mercati finanziari. Per la matematica, i mercati finanziari sono giochi a somma zero nel senso che se qualcuno guadagna +10, esiste necessariamente una controparte che perde -10, la somma e' sempre pari a 0. Le stanze di compensazione, o Clearing House, servono proprio a garantire che il gioco sia sempre a somma zero.

(4) le agenzie di rating (tre operatori sostanzialmente si spartiscono il mercato: Moody's, Standard & Poor's e Fitch Rating) sono enti privati che sulla base di metodi e modelli di valutazione matematici non resi noti, offrono valutazioni e stime sulla probabilita' di insolvenza degli emittenti strumenti finanziari. Ovviamente le valutazioni delle agenzie di rating non sono oggettive ma appunto stimate, e da qui l'annosa questione del conflitto di interesse tra l'agenzia ed il richiedente (e pagante) il giudizio di solvibilita'. Tale giudizio di regola dovrebbe essere inversamente proporzionale al rischio di insolvenza, secondo una tabella prestabilita. Alcuni notano l'anomalia della rilevanza pubblica che la regolamentazione di legge attribuisce al giudizio privato di solvibilita'. Tale rilevanza pubblica del giudizio si riscontra ad esempio nella regolamentazione degli standard gestione dei fondi pensione (c.d. ERISA negli USA Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Employee_Retirement_Income_Security_Act, http://www.securitization.net/pdf/washing.pdf), obbligati ad investire in strumenti finanziari con voto non inferiore al c.d. investment grade, sicche' un'obbligazione che non ha ottenuto un buon giudizio di solvibilita' non puo' entrare nel portafoglio di un fondo pensione. Viceversa un'obbligazione che perde tale giudizio dovra' uscire dal portafoglio. E' ovvio che l'emittente ha tutto l'interesse che il giudizio di solvibilita' che lo riguarda sia il piu' alto possibile visto che per regolamento di legge il migliore giudizio amplia la platea dei potenziali acquirenti (oltre che ovviamente diminuire il costo finanziario del debito data la stima di un minore rischio di insolvenza). Sino all'attuale crisi il business delle agenzie di rating si e' retto sulla fiducia dei risparmiatori circa l'adeguatezza dei giudizi, in futuro probabilmente la sola fiducia potrebbe non bastare e le agenzie di rating saranno costrette a dare pubblica fede circa l'adeguatezza dei loro giudizi, con assunzione di responsabilita' verso gli investitori. Per quanto concerne l'errata valutazione dei rischi da parte dei mercati, questa non sarebbe frutto di asimmetrie informative bensi' secondo una speciale teoria di Bini Smaghi (Bce) [cfr. Reuters, 15/9/2010 http://it.finance.yahoo.com/notizie/ue-bini-smaghi-nuove-norme-bilancio-non-sufficienti-reuters_ids-32e994bc00ab.html], sono i mercati che semplicemente sbagliano a valutare i rischi. Secondo lui, non e' a causa dei trucchi della Grecia (che ha manipolato i propri conti con l'aiuto della Goldman per entrare nell'euro) se prima il rischio Grecia era sottovalutato, non e' colpa delle cartolarizzazioni truffaldine fatte delle banche (con le agenzie di ratings attribuivano triple A alla spazzatura) se i mercati hanno sottovalutato i rischi dei titoli legati ai mutui sub-prime, non sono le asimmetrie informative, o peggio la falsa e cattiva informazione finanziaria, che fanno sopravalutare o sottovalutare il rischio, sono i mercati che sbagliano! E magari c'e' ancora qualcuno che dubita del fatto che le banche centrali abbiano perso credibilita' o rigore.

(5) Sono compagnie di assicurazione (prevalentemente statunitensi, cfr. Ambac Financial Group - AFG, secondo bond insurer al mondo, il primo era ACA Capital Holdings) specializzate nel prestare garanzie su rimborsi di capitale e cedole di emissioni di tipo obbligazionario. Esse assicurano cioe' il detentore del titolo obbligazionario dall'insolvenza dell'emittente con specifici contratti assicurativi (Financial Guarantee Insurance - FGI).

(6) Nel Regno Unito il precedente caso di "corsa agli sportelli" (bank run) risale al 1866.

(7) Cfr. rapporto De Larosiére [http://ec.europa.eu/internal_market/finances/docs/de_larosiere_report_en.pdf]. Per gli USA, cfr. le proposte di cui al libro bianco (white paper) predisposte dalla Casa Bianca (White House) [http://media.washingtonpost.com/wp-srv/politics/pdf/nearfinaldraft_061709.pdf].

(8) In Italia, un esempio storico di corporativismo giuridico e' quello che riguarda la Carta del Lavoro approvata dal Gran Consiglio Fascista il 21 aprile 1927, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 30 aprile 1927. Essa riporta le firme del capo del governo, dei ministri, dei sottosegretari, dei dirigenti del partito, dei presidenti delle confederazioni professionali dei datori di lavoro e dei lavoratori. All'epoca il Gran Consiglio Fascista non era ancora un organo di stato detentore del potere di approvare provvedimenti avente forza di legge alla stregua del Parlamento, ma semplicemente un organo di partito. Negli Stati Uniti il riferimento e' ad una legge del New Deal, il National Industrial Recovery Act (NIRA) che istitui' una National Recovery Administration (NRA) con il compito di sovraintendere alla stesura di "norme sulla concorrenza leale". Era essenzialmente un sistema di pianificazione economica privata ("autogoverno industriale"). Nel 1935, l'NRA fu dichiarata incostituzionale dalla Corte suprema. In questo senso il diritto corporativo nasce al di fuori di organi costituzionali deputati all'approvazione di leggi e regolamenti (funzioni legislative e regolamentari). Il diritto neo-corporativo trova le sue fonti nell'approvazione di atti normativi da parte organi autoreferenziali i cui componenti non sono democraticamente eletti. Ad esempio, secondo questa impostazione in Italia possono certamente identificarsi come organismi neo-corporativi, nel momento in cui emanano atti regolamentari senza adeguati passaggi parlamentari: la Banca D'Italia, la Consob, l'Isvap, l'Antitrust, il Cnipa e tutte le altre c.d. autorita' indipendenti, le Agenzie fiscali. Alcuni esponenti politici odierni, come Franco Frattini hanno auspicato - come per il passato - la costituzionalizzazione delle autorita' indipendenti per superare il dubbio circa il legittimo esercizio di potesta' regolamentari. Difatti, se il passaggio parlamentare risolve i dubbi da un punto di vista oggettivo della delega della potesta' legislativa (principio di legalita'), piu' dubbia pare l'investitura dell'organo extra-costituzionale che da un punto di vista soggettivo e' chiamato a fungere funzioni regolamentari (principio di legittimita'), in quanto a rigor di logica solo il Parlamento, o altro organo costituzionale individuato, e' legittimato a svolgere funzioni legislative e regolamentari (delegatus delegari non potest). [http://en.wikipedia.org/wiki/Delegata_potestas_non_potest_delegari]. Per maggiori approfondimenti sulle autorita' amministrative indipendenti, cfr. Camera dei Deputati, Commissione Affari Costituzionali, Indagine conoscitiva sulle autorita' amministrative indipendenti [http://www.camera.it/459?shadow_organo_parlamentare=1494&eleindag=/_dati/leg16/lavori/stencomm/01/indag/indipendenti]. Il problema principale che affligge queste autorita' consiste nel fatto che nel medesimo ente si sommano poteri di carattere esecutivo, regolamentare e giurisdizionale su interi settori economici ed importantissime materie, senza adeguate forme di controllo proprio in virtu' della rivendicata indipendenza. L'estrema gravita' della situazione puo' essere riassunta nelle parole di Saccomanni, Banca D'Italia: "l'attivita' di regolazione, di vigilanza e di garanzia in importanti settori dell'economia e' stata affidata a organismi pubblici imparziali (ndr. le autorita' amministrative indipendenti), caratterizzati da un alto grado di competenza tecnica e non soggetti all'indirizzo politico governativo" [http://www.bancaditalia.it/interventi/intaltri_mdir/Saccomanni_27_10_2010.pdf]. Va da se' chiedersi, se questi enti (extra-costituzionali) che regolano, vigilano e "garantiscono" importanti settori dell'economia non sono soggetti all'indirizzo politico governativo, a chi sono soggetti? E qui casca l'asino! Azzardando risposte, forse l'indirizzo politico della Banca D'Italia e' dettato dai proprietari delle quote di partecipazione? O forse dal lancio dei dadi? Forse l'indirizzo politico della Consob e' dettato dalle societa' quotate? O forse dalla contemplazione delle nuvole? Forse l'indirizzo politico dell'anti-trust e' dettato dalle multinazionali? O forse dalla casalinga di Abbiategrasso? Come si puo' ben capire, per l'Italia, e' costituzionalmente inaccettabile che enti privi di controllo democratico abbiano poteri di indirizzo politico per interi ed importanti settori, dell'economia e della societa', che non siano diretta espressione di attivita' Governative o Parlamentari. Poi sull'alto grado di competenza tecnica, meglio stendere un velo pietoso.
Per gli U.s.a., sull'argomento si segnala l'approvazione dell'emendamento promosso da Ron Paul [http://www.ronpaul.com/on-the-issues/audit-the-federal-reserve-hr-1207/], che rimuove le restrizioni al Government Accountability Office (GAO) di controllare le decisioni della banca centrale statunitense (FED), accusata di mettere in atto senza rappresentanza, non solo decisioni di politica monetaria, ma anche decisioni di politica fiscale ed economica in violazione del principio "no taxation without representation". (Cfr. Luigi Zingales, Il Sole24Ore, 1 dicembre 2009).
Per l'Italia, si segnalano diversi tentativi di riforma, in senso a-democratico, della Costituzione contenti la previsione di abrogare o modificare l'attuale art. 58. (Cfr. la c.d. "bozza Violante" progetto di legge della camera C. 553-A XV Legislatura). [http://legxv.camera.it/_dati/leg15/lavori/schedela/trovaschedacamera_wai.asp?PDL=0553]. Nel testo si prevede in particolare che i senatori, nonostante mantengano funzioni legislative, non siano piu' eletti a suffragio universale e diretto degli elettori. [http://it.wikipedia.org/wiki/Suffragio] In pratica si verrebbe ad introdurre anche in Italia quel deficit democratico che viene riscontrato nell'Unione Europea in capo alla Commissione ed al Consiglio dell'Unione europea. Il Consiglio dell'Unione europea infatti, pur essendo organo legislativo insieme alla Commissione non e' eletto a suffragio universale. Il Parlamento europeo, pur essendo eletto a suffragio universale e diretto dei cittadini, ha poteri molto limitati e di semplice controllo nel processo di formazione della legislazione comunitaria, in particolare regolamenti e direttive [http://www.dirittoeconomia.it/i_regolamenti_comunitari.htm]. In ordine alle motivazioni del deficit di sovranita' imputato comunque all'Unione europea cfr. la sentenza del 30 giugno 2009, Corte Costituzionale Federale Tedesca in Karlsruhe, per l'adozione da parte della Germania del Trattato di Lisbona, in base alla quale il Parlamento europeo non rappresentando un popolo ma una unione di popoli sulla base di trattati internazionali ha una legittimita' derivata da quella degli stati nazionali e pertanto incapace di incidere direttamente sulla sovranita' dei singoli stati per le decisioni in materie quali giustizia penale, monopolio della forza militare e civile, in materia fiscale (imposte e spesa pubblica), politica sociale, istruzione e sistema scolastico, informazione e comunita' religiose. Se a tutto cio' si aggiunge quanto e' stato detto e scritto in ordine al deficit di trasparenza con cui si e' giunti a definire la presidenza al Consiglio europeo in seguito al Trattato di Lisbona, la preoccupazione e' d'obbligo. Cfr. Timesonline del 17/11/2009 [http://www.timesonline.co.uk/tol/news/world/europe/article6919380.ece]. Intervento del 11/11/2009 al Parlamento europeo di Mario Borghezio [http://www.youtube.com/watch?v=0gZ7gDBs5WY]. Il diritto neo-corporativo in campo economico e' gia' operante in Italia da molti anni, come fonte esterna. L'illegalita' di norme esterne, come i regolamenti comunitari, dovrebbe discendere dal fatto che gli organi di produzione (consiglio e commissione) sono organi governativi e non organi parlamentari eletti a suffragio universale. Questo stato di cose si pone in palese conflitto con il nostro sistema costituzionale di democrazia parlamentare. Per rendersi conto di cio' basti pensare a quanto correttamente scritto da un insigne giurista come Valerio Onida, dato che i regolamenti comunitari non costituisco oggetto del giudizio di costituzionalita': alcune regole... sono stabilite da norme dell'Unione Europea e dunque, qualunque cosa dicesse la Costituzione italiana, resterebbero pienamente applicabili e vincolanti fino a quando non fosse il legislatore europeo a modificarle. [Cfr. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-06-08/meno-lacci-centra-carta-080400.shtml?]. Sul punto si puo' capire la frustrazione di Berlusconi quando tuona contro la Corte Costizionale, difatti le "leggi di Berlusconi", forte dei voti di milioni di italiani, possono essere abrogate dalla Corte, mentre le "leggi di Barroso", senza nemmeno un voto degli italiani, possono essere abrogate solo da Barroso! E cio' - ma non solo per Berlusconi - e' sinceramente un paradosso! E' evidente quindi che se la Costituzione italiana abbisogna di revisione, questa in primo luogo dovra' coinvolgere la riformulazione dell'art. 11, tale da impedire che surrettiziamente possano operare nel sistema democratico parlamentare, norme di stampo neo-corporativo ed anti-democratico, come lo sono tra la altre, quelle portate nel'ordinamento dai regolamenti comunitari. Peraltro una migliore formulazione di questo articolo impedirebbe all'Italia di partecipare a guerre per la risoluzione di controversie internazionali, aventi ad oggetto interessi commerciali, come la guerra in Afghanistan. [Cfr. http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2010/05/31/visualizza_new.html_1817894958.html]. Difatti e' noto che le reali ragioni per cui l'Italia partecipa a tale conflitto (c'est l'argent qui fait la guerre) sono da ricercare nell'interesse a che gli oleodotti che porteranno il greggio dal Mar Caspio in Cina non saranno oggetto di continui e ripetuti atti di sabotaggio, come avviene in Nigeria, ed noto peraltro (pro-quota) il rilevante interesse dell'Eni nelle operazioni di estrazione nel Mar Caspio.

(8bis) La soluzione e' di per se' semplice, trasparente e ragionevole. E' stata fatta propria da personaggi di consolidata esperienza sul campo come Paul Volcker (cfr. c.d. The Volcker Rule), ma non piace al sistema neo-corporativo delle grandi banche universali, con al vertice le banche centrali. In Europa, ad esempio non c'e' nessuna intenzione di applicare la Volcker Rule [cfr. La Repubblica, 15 feb. 2010, http://www.repubblica.it/economia/2010/02/15/news/banche_no_della_ue_a_obama_non_in_linea_con_i_principi_del_mercato-2309581/]. Negli Stati Uniti, invece il dibattito e' accesso. L'alternativa alla Volcher Rule sarebbe la c.d. "vigilanza macro-prudenziale" da attribuire a nuove autorita' indipendenti create ad hoc, oppure alla banca centrale [cfr. Il Sole 24Ore, 19 feb. 2010, http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2009/commenti-sole-24-ore/19-febbraio-2010/controlli-binario-doppio.shtml?]. L'espressione deriva dall'aver scisso il concetto unitario di vigilanza sulla sana e prudente gestione delle banche in due sottoprodotti o surrogati concettuali: la vigilanza micro-prudenziale e la vigilanza macro-prudenziale. Ovviamente la distinzione non ha nessun significato di pregio. E' un'abile operazione di megamarketing [cfr.http://en.wikipedia.org/wiki/Megamarketing] per (a) consentire alla gia' potente neo-corporazione bancaria di acquisire poteri specifici in ordine alla regolamentazione dei mercati borsistici e dei loro attori, oggi troppo liberalizzati e liberi per i suoi interessi in momenti di crisi e per (b) far digerire l'ennesima fregatura all'uomo della strada, scaricando le responsabilita' delle proprie malefatte su qualchun'altro. Per memoria, si possono riassumere e sintetizzare nelle seguenti espressioni: autorita' indipendente, banca universale, stock option, cartolarizzazione o securitization, valore equo o fair value, merito creditizio o rating, i precedenti successi del megamarketing nell'economia della frode innocente [cfr. J.K. Galbraith, L'economia della truffa, 2004, http://books.google.it/books?id=FraCX-GLxFQC&printsec=frontcover&dq=galbraith&cd=8#v=onepage&q=&f=false]. Per il resto del dibattito, c'e' solo da aggiungere che se gia' oggi i governi non avessero l'autorita', oltre che la volonta', di liquidare le grandi istituzioni bancarie ed assicurative in stato di insolvenza, la cosa sarebbe gravemente preoccupante! Infine, pare ovvio che lo scopo della vigilanza macro-prudenziale non e' quello di evitare che il salvataggio dal fallimento di grandi istituzioni bancarie "interconnesse" pesi sul bilancio dello stato, dato che per evitare questo sarebbe sufficiente liberalizzare il mercato del credito abolendo la riserva di attivita' in favore delle banche della raccolta del risparmio presso il pubblico e smaltellare le banche centrali, visto che la crisi ha definitivamente sancito che esse non sono piu' in grado di svolgere le loro funzioni essenziali, che sono: (i) controllare la circolazione monetaria; (ii) fornire la liquidita' agli istituti insolventi (credito di ultima istanza); (iii) modificare il saggio di sconto allo scopo di frenare booms ed impedire depressioni (c.d. bolle speculative); (iv) aiutare e stimolare un ordinato sviluppo economico mediante l'espansione del credito (cfr. Clough - De Rosa). Il vero scopo che si prefigge la vigilanza macro-prudenziale e' invece quello di non perdere il pressoche' totale controllo, ad opera della neo-corporazione bancaria, dei flussi monetari che si realizzano all'interno del "modello del flusso circolare del reddito" [cfr. ivi Cap.2 - La crisi ed il modello del capitalismo]. Una breve divagazione con un "micro" esempio concreto puo' dare l'idea: in Italia esiste il c.d. risparmio postale, un consistente flusso monetario (raccolta netta 2008: € 14,5 mld.; stock 2008: € 175,1 mld.) che e' intermediato dalla Cassa Depositi e Prestiti, con l'ausilio degli uffici postali, per finanziare lo stato e gli enti territoriali (comuni, provincie e regioni). Il risparmio postale fino al 2003 sfuggiva al controllo del sistema bancario perche' raccolto dalle poste e gestito dalla Cassa DD.PP. in forma di ente pubblico governativo [cfr. http://www.cassaddpp.it/cdp/Areagenerale/Chisiamo/Lanostrastoria/index.htm]. Nel dicembre 2003, la Cassa DD.PP. e' stata trasformata in societa' per azioni (CDP SpA) ed il suo capitale sociale e' oggi detenuto per il 70% dal Ministero delle Finanze e per il 30% dalle fondazioni bancarie, ossia dal sistema bancario. Da allora, i principali esponenti della CDP S.p.A. ovviamente sono uomini fedelissimi del sistema bancario e sotto l'apellativo di "buoni postali fruttiferi" si celano in realta' strumenti finanziari derivati sempre piu' complessi. Oggi, il flusso monetario che fa' capo al risparmio postale e' quindi indubbiamente soggetto al controllo del sistema bancario, nonostante la partecipazione minoritaria nella s.p.a. (Cfr. Corte dei Conti, Del. 3/2010 del 26/2/2010, Rel. 3.6, pag.38). Quindi, la CDP SpA continua a raccogliere risorse monetarie con esplicita garanzia statale, emettendo complessi strumenti finanziari derivati sotto l'appellativo di "risparmio postale" ed a questa cassa oggi attingono anche le banche (€ 8 mld.) per finanziare le imprese [cfr. http://www.cassaddpp.it/cdp/OperatoriFinanziari/SostegnoallePmi/index.htm], poi si vedra'! Quando si dice l'italico ingenio della truffa innocente! [cfr. Relazione Corte dei Conti 2007-2008].
Ritornando al timore di perdita di potere economico e politico del sistema bancario, questo si materializza nell'espressione hedge fund, ed e' stato ben illustrato dalla BCE [cfr. Bini Smaghi, 21 gen. 2010, Milano, punto 3, http://www.ecb.int/press/key/date/2010/html/sp100129.it.html]. Pultroppo nell'autorevole intervento, per giustificare l'insostenibile pro domo sua, si fa' esclusivo riferimento alle "interconnessioni" tra operatori finanziari senza distinguere un fatto essenziale e non di poco conto, e cioe' su chi pesano le perdite finanziarie in caso di crisi. Nessun decisore, dopo il caso LTCM in cui la Banca d'Italia perse USD 100 milioni [cfr. http://riskinstitute.ch/146520.htm], si sognerebbe mai di addebitare al bilancio pubblico le perdite di un fondo di investimento privato (hedge fund). Diversamente, il fallimento di una banca universale che procura perdite di risorse finanziarie non solo proprie, ma in larga parte dei depositanti (c.d. risparmiatori inconsapevoli) costringe i governi ad intervenire attingendo al debito pubblico, pena la rivoluzione! Ma d'altro canto, sarebbe anche ingenuo pretendere che gli esponenti di enti preposti a garantire la sana e prudente gestione degli istituti bancari attribuiscano a loro stessi la responsabilita' del colossale fallimento del sistema bancario ancora oggi operante contro ogni regola del buon costume; molto meglio dare la colpa a soggetti non vigilati ed un po' sconoscuti alla massa, come gli hedge fund, altrimenti bisognerebbe ammettere anche la propria inutilita' o quanto meno la propria inadeguatezza nell'adempiere alle funzioni assegnate, e questa amara verita' comporterebbe anche conseguenze politiche negative, dato che la responsabilita' ultima di un sistema bancario mal congeniato e fondato sulla truffa, pesa in ultima istanza sul capo dei governi [cfr. http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/03/francia-regionali-sinistra.shtml?]. Lo stesso governatore della Banca d'Italia (cfr. Il Sole 24Ore del 16 settembre 2010) dopo aver sostanzialmente ammesso (punto primo) il fallimento delle banche centrali nel valutare e controllare il rischio e (punto secondo) la loro incapacita' a controllare quelle banche universali (transnazionali) che peraltro lui stesso ha contribuito a creare in Italia, con incentivi di ogni genere, si sente in dovere di chiedere (senza vergogna) sia di "rafforzare il mandato, l'indipendenza, le risorse e i metodi degli organismi di supervisione", sia "di includere nel perimetro normativo anche le fonti di rischio di sistema esistenti al di fuori di esse". In sostanza, secondo Draghi, le banche centrali e le altre autorita' indipendenti in campo economico-finaziario - nonostante il conclamato fallimento della loro missione - non solo non debbono vedere messo in discussione il loro ruolo di autorita' autoreferenziali, ma dovrebbero avere piu' potere, piu' soldi, piu' indipendenza e per di piu' dovrebbero avere una maggiore platea di soggetti sottomessa al loro controllo. L'escamotage di megamarketing questa volta si chiama "sistema bancario ombra". Come se questo sistema non fosse organizzato e organico alle attuali banche universali, ma qualcosa di esterno ed indecifrabile che deve essere messo sotto controllo. Sia chiaro che l'espressione sistema bancario ombra denota quella parte di passivita' (piu' che di attivita') delle stesse banche universali che non compare nei loro bilanci d'esercizio e che resta nascosta dietro un velo con la compiacenza delle banche centrali e delle altre autorita' indipendenti, com'e' d'uso in una grande famiglia neo-corporativa (dove le regole se le cantano e se le suonano a piacimento), e dove ci si guarda bene di discutere di liberalizzazione del mercato del credito per aumentare la concorrenza e diminuire il diametro dei buchi lasciati dai fallimenti delle banche universali. Anzi, meglio fare l'opposto con un po' di lobbing sui governi per indurli ad approvare norme che puntino ad introdurre ulteriori barriere all'entrata in grado di ridurre fortemente il numero dei soggetti presenti sul mercato. Per gente come Draghi e' urgente rafforzare l'oligopolio della corporazione di banchieri cosicche' questa possa continuare (data la crisi) a lucrare piu' del dovuto anche in altri ambiti non core da portare in house - attigui alle attivita' della banca (raccolta del risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito) - come le attivita' di concessione di finanziamenti, la prestazione di servizi di pagamento, la consulenza finanziaria, la mediazione creditizia, ecc. (cfr. D.Lgs. 141/2010) fino a ieri troppe libere per garantire, secondo costoro, la tutela del consumatore. "Piu' banca con vasellina per tutti!" e' il loro motto.


(9) Senato della Repubblica, Indagini conoscitive, XVI Leg., 31a seduta, 8 ottobre 2008, audizione Consob.

(10) In matematica finanziaria, e' dimostrato che la vendita allo scoperto assicura guadagni certi nei rari casi in cui - a causa di shock di mercato - i tassi a breve scadenza sono piu' alti di quelli con scadenze piu' lunghe. Una curva dei tassi di questo genere e' definita "curva dei tassi inversa" o "curva dei tassi negativa". [cfr. http://www.investopedia.com/terms/i/invertedyieldcurve.asp]. In passato si e' avuta una curva dei tassi di questo genere dopo l'attacco terroristico alle torri gemelle.

(11) v. J.K.Galbraith, The Great Crash, cap. III "In Goldman, Sachs We Trust" (il titolo e' chiaramente in antitesi con quanto scritto sulle banconote statunitensi "In God We Trust"). [http://books.google.it/books?id=l-xRKtKEpTwC&printsec=frontcover&dq=crash+galbraith] Per concludere resta molto chiara, e radicata nel corso del tempo, l'idea di Warren Buffet sull'argomento: "In God We Trust; all others pay cash". [http://www.berkshirehathaway.com/letters/2008ltr.pdf]



giovedì 28 maggio 2009

Cap. 3 - L'abuso di fiducia del sistema bancario

Il modello economico attuale vieno messo in discussione a causa delle enormi perdite accusate

  • dal sistema bancario ($ 4 trilioni),
  • dal reddito nazionale dell'economie reali ($ 4,7 trilioni) e
  • dal valore degli investimenti azionari ($ 26,4 trillioni).

Cifre da economie di guerra ma senza che ci sia stata una guerra!(1)

Per dirla in cifre piu' compresibili, e' come se tutti insieme:

  1. 400.000.000 di risparmiatori avesso perso $ 10.000 di depositi bancari ciascuno;
  2. 200.000.000 di lavoratori avessero perso il salario netto di un anno pari a $ 23.500 ciascuno;
  3. 400.000.000 di risparmiatori-investitori avesso subito minulsvalenze delle quotazioni di borsa per $ 66.000 ciascuno.

La falla nel sistema economico si e' creata all'interno del sistema bancario resosi insolvente(2) a causa di un eccessivo utilizzo della cartolarizzazioni dei crediti.(3)

Stando cosi' le cose, la banca non pare piu' rivestire legittimamente il ruolo centrale nell'economia del soggetto che congruamente lucra riducendo l'asimmetria informativa tra famiglie ed imprese, al contrario assume i connotati del soggetto che abusando del rapporto fiduciario lucra incongruamente.

Se cosi' fosse, l'istituzione banca non solo sarebbe inutile per il sistema economico ma bensì dannosa per il risparmio e per la stabilita' dell'economia. Il suo privilegio(*) non potrebbe piu' trovare posto nell'ordinamento in ossequio al principio della tutela del risparmio, un diritto fondamentale attinente ai rapporti economici costituzionalmente garantito.(4)

Lo stato accordando al sistema bancario l'esclusiva nella raccolta del risparmio tra il pubblico lo ha privilegiato costituendo un oligopolio(5) per renderlo stabile e solido. Cio' costituisce una rendita di posizione. Questo significa che cio' che ottiene la banca in remunerazione del suo servizio e' di piu' rispetto a quello che sarebbe sufficiente per indurla a fornire tale servizio.

La crisi finanziaria evidenzia come il sistema bancario abbia tradito le finalita' del suo ruolo centrale nell'economia abusando della fiducia dello stato, delle famiglie e distruggendo legittime aspettative di imprese e lavoratori. Sono state utilizzate tecniche di trasferimento del rischio di credito sui risparmiatori ed e' stato creato un sistema bancario ombra del tutto illegittimo(6) per operazioni illecite che hanno permesso al sistema di lucrare oltre ogni ragionevole limite per gratificare soci e dirigenti ai danni della collettivita'(7).

E' bastata la prima flessione dei prezzi delle case(8) dopo quasi un ventennio di crescita ininterrotta, perche' la leva finanziaria del sistema bancario - insostenibile ed incontrollata - moltiplicasse per 100 volte il crollo di una babele di carta la cui perdita iniziale e' stata stimata in $ 250 miliardi (sui mutui sub-prime e sui titoli delle cartolarizzazioni), procurando una crisi di liquidita' senza precedenti per l'intero sistema finanziario mondiale e procurando la piu' grave recessione globale dagli anni '30.(9)

Tutti i risparmiatori devono essere ben consapevoli delle conseguenze che un cattivo uso del loro denaro puo' comportare. Essi devono organizzarsi per riaffermare l'importanza dei valori etici e morali nella gestione di una cosi' importante risorsa. L'intermediazione del risparmio deve essere condotta a misura d'uomo, senza riserve elitarie(10), che producono organizzazioni incontrollabili che finiscono per fare solo i propri interessi ai danni della comunita'(11) come e' successo per le banche universali.

Lo stato in funzione dei precetti costituzionalmente garantiti, non puo' essere condizionato da organizzazioni bancarie malsane ed imprudenti che anzi deve perseguire quando abusano della fiducia dei risparmiatori, tradiscono le aspettative di famiglie ed imprese arricchendosi sulle spalle della comunita'; nazionalizzandole e liquidandole(12) se necessario per creare nuove opportunita' di lavoro e lasciare spazio all'attivita' di altre organizzazioni sane e prudenti, formate da uomini onesti e capaci di assumersi la responsabilita' di operare al servizio dello sviluppo economico e del benessere per l'intera collettivita', non per il suo impoverimento.


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(*) Il privilegio consiste nella riserva alle banche dell'attivita' (a) di raccolta del risparmio tra il pubblico, conessa all'esercizio della funzione creditizia e (b) di emissione o gestione di mezzi di pagamento a spendibilita' generalizzata (assegni bancari), connessa alla funzione monetaria. Per maggiori dettagli sul significato di "raccolta del risparmio tra il pubblico" cfr. le istruzioni di vigilanza della Banca D'Italia in materia, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 96/2007. [http://gazzette.comune.jesi.an.it/2007/96/8.htm]. Liberalizzare il mercato del credito significa rendere libera la racconta del risparmio tra il pubblico, o quanto meno, limitare la riserva della raccolta del risparmio tra il pubblico in favore delle banche oltre un certo importo (esempio: oltre € 5 milioni). La disintermediazione del risparmio avrebbe l'effetto benefico (a) di dare la possibilita' alle piccole e medie imprese di raccogliere (a basso costo) le risorse monetarie necessarie per gli investimenti direttamente dalle famiglie, sfruttando il meccanismo della fiducia grazie alle nuove tecnologie, (b) di ridurre la concentrazione del mercato creditizio e quindi ridurre il rischio sistemico in caso di fallimento degli intermediari bancari e (c) di ridurre la capacita' dei potentati economici bancari e finanziari di catturare il regolatore, con effetti potenzialmente distruttivi della ricchezza e stabilita' economica e quindi sociale e politica delle democrazie.

(1) ivi, cap. 1, note nn. 9 e 12

(2) ivi, cap. 1, nota n. 1

(3) Per l'Italia, la regolamentazione delle cartolarizzazioni e' contenuta nella Legge 130/1999.

(4) Giulio Bacosi, Ed. IPZS (2006) La Costituzione, commento all'art. 47, comma 1: "La tutela del risparmio ... e' concepita principalmente in ... difesa del lavoratore e del piccolo imprenditore, onde permettere in specie a queste categorie di soggetti di mantenere invariato il potere di acquisto di somme risparmiate e dunque sottratte con sacrificio all'immediato consumo."

(5) Forma di mercato caratterizzata dalla presenza di pochi venditori. Ipotesi fondamentali del modello dell'oligopolio:
1. i venditori fanno il prezzo;
2. i venditori si comportano in modo strategico;
3. l'accesso al mercato puo' essere libero o bloccato;
4. i compratori non fanno il prezzo. (v. Cap. 2, nota n. 1).

(6) si utilizza il termine illegittimita' nel senso di esercizio abusivo del privilegio accordato della funzione creditizia, non potendosi parlare tecnicamente di illegalita' in quanto e' la mancata regolamentazione dei veicoli fuori bilancio che ha permesso alle banche di creare il c.d. sistema bancario ombra.


(7) Peraltro queste gratifiche, alla luce dei principi contabili internazionali IAS/IFRS con particolare riferimento allo IAS 39 e al c.d. Fair Value, si appalesano alla stregua di veri e propri furti ai danni degli stakeholders. Grandi banche alla ricerca spasmodica del lucro ad ogni costo, facendo leva sulla loro elevata reputazione, non hanno esitato a frodare i loro clienti per lo scopo. Il caso piu' ecclatante e' senza dubbio quello della Goldman Sachs & Co.
[Cfr.
http://www.sec.gov/litigation/complaints/2010/comp-pr2010-59.pdf]


(8) V. S&P/Case-Shiller Composite 10 and Composite 20 Indices


(9) ivi, cap. 1, nota n. 12


(10) In occidente, la credenza popolare (vox populi) identifica elites nel campo della finanza che operano sia nella cultura laicista che in quella confessionale: come organizzazione laicista il riferimento popolare e' al Bilderberg Group [http://en.wikipedia.org/wiki/Bilderberg_Group], [http://novoordo.blogspot.com/search/label/bilderberg], [http://www.youtube.com/watch?v=0gZ7gDBs5WY], come organizzazione confessionale il riferimento e' all'Opus Dei [http://it.wikipedia.org/wiki/Opus_Dei#Opus_Dei_e_finanza], [http://www.opusdei.it/]. Per le organizzazioni che operano nel contesto di una cultura laica, le lobbies (o gruppi di interesse) dovrebbero gia' rappresentare in senso a-democratico un'elite giacche' lo scopo del gruppo di interesse e quello di ottenere dal politico di piu' di cio' che sarebbe in realta' sufficiente ad appagare il bisogno, a scapito di altri piu' numerosi. Nello stesso senso, in economia, un oligopolista, o peggio un monopolista, dovrebbe far parte di un'elite. Vilfredo Pareto affermava che la storia e' "cimitero di élites". Cfr. voce eletismo [http://it.wikipedia.org/wiki/Elitismo].

(11) v. problema delle lobbies c.d. special interest issues, Public Choise Theory. In breve sostanza si tratta del fatto che pochi attori bene organizzati, finanziati ed informati (le lobbies) convincono i politici ad assecondare i loro particolari interessi anche se questi sono a scapito degli interessi della collettivita'.

(12) L'espressione "bancarotta" (in inglese: bankruptcy) deriva dall'uso genovese di epoca medioevale di rompere la panca (in latino: bancum) ed il tavolo del banchiere insolvente. Cfr. Dizionario Storico CNR, voci: banca e banco, [http://tlio.ovi.cnr.it/voci/005502.htm], [http://tlio.ovi.cnr.it/voci/005509.htm].






mercoledì 27 maggio 2009

Cap. 2 - La crisi ed il modello del capitalismo

Un breve riferimento al funzionamento del sistema economico attraverso una rappresentazione del "modello del flusso circolare del reddito"(1) molto semplificata per lo scopo, puo' aiutare a capire la crisi finanziaria dei mutui sub-prime.

Quindi molto sinteticamente, il modello del flusso circolare e' composto da due settori:

  1. famiglie;
  2. imprese.

Le famiglie possiedono le risorse produttive: risorse di lavoro e monetarie. Le imprese utilizzano queste risorse per la produzione di beni e servizi.

Le famiglie ricevono un reddito in cambio del lavoro e/o risorse monetarie prestate alle imprese. Questo reddito in parte viene speso per acquistare beni e servizi prodotti dalle imprese, in parte viene conservato per spese future formando il risparmio (Wicksell, 1934).

Tra famiglie ed imprese si creano cosi' due flussi:

  1. il flusso dei beni e servizi;
  2. il flusso monetario.

Il reddito speso genera i consumi, il reddito trattenuto genera il risparmio. Il risparmio crea un flusso monetario avente la funzione di riserva di valore, che e' intermediato principalmente dal sistema bancario. Esso serve a finanziare gli investimenti delle imprese che cosi' creano nuovo lavoro e reddito per le famiglie che possono cosi' da un lato consumare beni e servizi prodotti dalle imprese e dall'altro risparmiare fondi per ulteriori investimenti, creando per l'appunto un flusso circolare, un circolo virtuoso per l'economia ed il benessere sociale.

Questo in estrema sintesi e' il fac-simile del modello economico attuale, che riserva alla banca un ruolo centrale nell'intermediazione delle risorse monetarie tra coloro che ne hanno in eccesso (le famiglie) e coloro che le richiedono per gli investimenti (le imprese).

Intenti a comprendere l'attuale crisi finanziaria ed economica, preme analizzare il flusso monetario come riserva di valore (risparmio) che dalle famiglie giunge alle imprese attraverso l'intermediazione del sistema bancario. Preme analizzare come il risparmio e' impiegato dal sistema bancario dato che molti hanno individuato proprio in esso l'epicentro della crisi.

Un concetto basilare inerente la moneta e' il "valore della moneta nel tempo (time value of money)"(2) Il tasso di interesse rende equivalente il valore di due flussi di cassa non coincidenti nel tempo (esempio: € 100 prestati oggi sono equivalenti a € 110 restituiti tra 1 anno al tasso di interesse del 10% annuo, oppure, € 110 da riscuotere tra un anno sono equivalenti a € 100 riscossi oggi e "scontati", o meglio attualizzati, al tasso 10% annuo). Nessuno accetterebbe € 100 in cambio di € 110 nello stesso istante. Due fattori di incertezza incidono sul tasso di interesse: l'inflazione(3) ed il rischio. Da notare che il tasso di interesse e' considerato una variabile indipendente dal capitale per convenzione della matematica finanziaria. In realta' il tasso di interesse e' una viariabile che dipendente dal capitale. Sempre da un punto vista della moneta, pare essere piu' appropriato sostituire il concetto di "aspettativa sul futuro" con il concetto di "trade-off rischio-rendimento" (4). Ad esempio, dato che il risparmiatore a fronte di bassi tassi di interesse reali preferisce mantenere denaro liquido piuttosto che convertire le banconote in mezzi meno liquidi, si puo' sostenere che cio' accade non in dipendenza di aspettative sul futuro difficili da rappresentare, ma perche' il "trade-off rischio-rendimento" non rende sufficientemente appetibili conversioni della moneta in mezzi meno liquidi. In questo senso, inadeguati "trade-off rischio-rendimento" sono la causa di bolle speculative, cioe' il risultato di una conversione "scellerata" della moneta in mezzi meno liquidi. Atteso che la moneta e' il mezzo liquido per eccellenza, ipotizzando tasso di interesse, saggio di profitto (5) e premio per il rischio tutti pari a zero, in presenza di deflazione si avrebbe un guadagno certo in termini reali convertendo mezzi meno liquidi in moneta avente la funzione di riserva di valore (convenienza o propensione a disinvestire), mentre in presenza di inflazione si avrebbe una perdita certa in termini reali non covertendo la moneta in mezzi meno liquidi (convenienza o propensione ad investire). L'assenza di deflazione ed inflazione consentirebbe un equilibrio dei flussi in cui risulta economicamente indifferente detenere moneta con funzione di riserva di valore oppure altri mezzi con la stessa funzione meno liquidi. La variazione del potere di acquisto della moneta e' la variabile esogena determinata dalla politica monetaria attraverso lo strumento del tasso di variazione dell'offerta di moneta.

Tornando al risparmio, esso e' intermediato sia mediante un "trasferimento diretto" che un "trasferimento indiretto" di fondi. Nel continente europeo si e' sviluppata una configurazione piu' orientata al sistema bancario: c.d. bancocentrica, dove le imprese reperiscono i fondi principalmente attraverso l'affidamento bancario. Nei paesi anglosassoni esiste una configurazione del sistema finanziario piu' orientata al mercato, con "trasferimento diretto" di fondi dalle famiglie alle imprese e l'intervento di intermediari finanziari sia come broker (nel collocamento diretto) che come asset trasformer (nel collocamento indiretto), dove i fondi vengono reperiti dalle imprese collocando appunto sul mercato strumenti finanziari (obbligazioni, azioni) presso le famiglie (c.d. risparmio consapevole). In entrambi i casi, se escludiamo i fondi pensione molto sviluppati nei paesi anglosassoni (ad esempio, in Italia da un punto di vista macroeconomico i fondi pensione sono praticamente inesistenti), il principale intermediario finanziario tra le famiglie e le imprese resta il sistema bancario.(6)

Il prezzo della intermediazione diretta del risparmio e' dato dal "differenziale di interessi" applicato dalla banca tra prestatori (le famiglie) e prenditori di moneta (le imprese).

I fatto che l'intermediazione diretta del risparmio sia fatta ad opera del sistema bancario non e' frutto di una libera scelta di mercato, ma e' un privilegio concesso per intervento dello stato (legge) in favore dell'istituzione banca.

In Italia e' infatti vigente la norma in base alla quale "la raccolta del risparmio tra il pubblico e' vietata ai soggetti diversi dalle banche".(7) Facendo affidamento sul modello economico attuale si puo' tranquillamente affermare, con pochi dubbi di essere smentiti, che ogni paese concede la riserva della funzione creditizia in favore del sistema bancario.

Lo stato riservando al sistema bancario l'intermediazione diretta del risparmio tra famiglie ed imprese, attraverso il divieto della raccolta del risparmio tra il pubblico agli altri soggetti, compie un atto di fiducia verso la banca. Questa fiducia essenzialmente e' giustificata dal fatto che esiste un organismo pubblico indipendente(8): la banca centrale. Essa oltre ad avere il compito di battere moneta per conto dello stato(9) e - agendo sulla misura del tasso d'interesse e con operazioni di mercato aperto - tenere sotto controllo la stabilita' dei prezzi (inflazione)(10) ha anche il compito di regolamentare e vigilare(11) sulla sana e prudente gestione dell'istituzione banca(12).

Sana e prudente gestione essenzialmente significa:

  1. veridicita' dei conti e solidita' dei bilanci bancari;
  2. limiti all'assunzione di rischi da cui possano derivare perdite.

Conseguentemente alla banca centrale compete la vigilanza avuto riguardo alla stabilita' complessiva, all'efficienza e competitivita' del sistema finanziario nonché all'osservanza delle disposizioni in materia creditizia.

Lo stato riserva alle banche la raccolta del risparmio presso il pubblico e quindi l'esercizio della funzione creditizia, perche' esiste un'asimmetria informativa(13) tra famiglie ed imprese che la banca in qualita' di intermediario ha la funzione di ridurre.

Secondo questa impostazione, a causa dell'asimmetria informativa tra risparmiatori ed imprese, il flusso monetario per finanziare gli investimenti non avrebbe luogo senza l'intervento della banca, perche' le famiglie non disporrebbero delle informazioni e della fiducia necessarie a garantire entro un livello di rischio accettabile che i prestiti fatti alle imprese saranno alla scadenza onorati.

Le banche, sempre secondo questa impostazione, disporrebbero invece di organizzazioni adeguate per reperire ed elaborare tutte le informazioni necessarie e valutare di conseguenza se un'impresa e' meritevole di credito entro un livello di rischio ritenuto accettabile (c.d. rischio di credito) in funzione del principio della sana e prudente gestione.

Quindi da una parte i risparmiatori non finanziano direttamente le imprese perche' ritengono elevato il rischio di credito. Essi preferiscono depositare i loro risparmi sui conti correnti prestandoli alle banche (c.d. risparmio inconsapevole) in cui ripongono maggiore fiducia confidando che non andranno persi. Dall'altra, le banche assumendosi il rischio di credito prestano i risparmi raccolti dalle famiglie alle imprese e lucrano sul differenziale del tasso di interesse con il beneplacito dello stato.

Il tutto funziona, per ora, soprattutto grazie alla fiducia che le famiglie ripongono nelle banche. Questa fiducia e' giustificata sostanzialmente da due fattori:

  1. la garanzia sui depositi;(14)
  2. il credito di ultima istanza.(15)

La storia - ma anche la cronaca recente - insegnano che il garante finale della solvibilita' del sistema bancario resta lo stato che per rendere solvibile il sistema attinge al debito pubblico(16). Da qui le questioni irrisolte dell'azzardo morale, degli utili che restano privati mentre le perdite sono socializzate.

In conclusione, le banche hanno il privilegio concesso dallo stato di esercitare la funzione creditizia, e cosi' di creare moneta bancaria attraverso la funzione monetaria(17) e vedersi riconosciuta una sostanziosa rendita data dai differenziali di tasso di interesse applicati sull'intermediazione del risparmio. Pare ovvio che questa rendita amplificata dalla funzione monetaria resta giustificata se commisurata congruamente alla funzione di riduzione dell'asimmetria informativa, e cioe' mediante l'assunzione da parte del sistema bancario del rischio di credito sulle imprese.

Diversamente se il rischio di credito e' scaricato al di fuori del sistema bancario, magari collocato sui mercati finanziari con l'ausilio di strumenti finanziari poco trasparenti, la rendita legittima diventa un extra-reddito del tutto ingiustificato. Ma cio' che e' peggio, bisogna ammetterlo, e' che l'istituzione banca cosi' organizzata e' del tutto inutile, fine solo a se stessa! (18)


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(1) M.L. Katz, H.S.Rosen, Ed. McGraw-Hill (1998)


(2) R.A.De Fusco, D.W.McLeavey, J.E.Pinto, DE.Runkle, Ed. AIMR (2000) - The time value of money reflects the relashinship between time, cash flow, and an interest rate.


(3) P.D. Groenewegen, G.Vaggi, Ed. Carocci (2002) - In base alle teorie monetariste di M.Friedman, H.Simons, J.Angell, K.Bruner e A.Meltzer la stabilita' dei prezzi si raggiunge nel migliore dei modi fissando come obiettivo il tasso di crescita dell'offerta di moneta. Sotto questo aspetto e' piuttosto preoccupante il fatto che dagli inizi del 2007 la FED non renda pubblici i dati relativi all'aggregato monetario M3. [http://it.wikipedia.org/wiki/Aggregati_monetari] Da notare inoltre che il bilancio consolidato della FED, sostanzialmente inviariato nelle sue voci dal 1951, negli ultimi 18 mesi e' esploso. [http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2009/wp09120.pdf] [http://blogs.wsj.com/economics/2009/06/11/a-look-inside-feds-balance-sheet-61109-update/]


(4) A questo scopo puo' essere utile il genial pensiero di Fischer Black (Exploring General Equilibrium, 1995). Fischer Black e' uno dei coautori dell'equazione Black-Sholes (Black-Sholes-Merton Model) utilizzata per prezzare le opzioni. [http://it.wikipedia.org/wiki/Modello_di_Black-Scholes-Merton]. Cfr. Perry Mehrling [http://books.google.it/books?id=OKDbnWuspo4C&printsec=frontcover&dq=perry+mehrling]. La formula Black-Sholes non e' altro che l'equazione del calore rivestita con abiti finanziari [http://it.wikipedia.org/wiki/Equazione_del_calore]. Curiosita': l'equazione Black-Sholes ha costituito una base di partenza delle analisi di Grisha Perelman [http://arxiv.org/abs/math.DG/0211159] [http://arxiv.org/abs/math.DG/0303109] che gli hanno permesso di risolvere la Congettura di geometrizzazione di Thurston [http://mathworld.wolfram.com/ThurstonsGeometrizationConjecture.html] e quindi la Congettura di Poincairé.


(5) Fernandez, Pablo, The Equity Premium in 150 Textbooks (November 16, 2010). Vedi in particolare: Required Equity Premium (REP) [Disponibile presso SSRN: http://ssrn.com/abstract=1473225]; Fernandez, Pablo, Aguirreamalloa, Javier and Avendaño, Luis Corres, Market Risk Premium Used in 56 Countries in 2011: A Survey with 6,014 Answers (April 25, 2011) [Disponibile presso SSRN: http://ssrn.com/abstract=1822182]; Fernandez, Pablo, Aguirreamalloa, Javier and Avendaño, Luis Corres, The Equity Premium in Spain: Survey 2011 (in Spanish) (April 25, 2011) [Disponibile presso SSRN: http://ssrn.com/abstract=1822422].
FIX-THE-BUG-IN-CAPM MODEL
Definizioni utili di tasso di interesse, saggio di profitto e premio per il rischio. In situazione di equilibrio - cioe' nella situazione di carattere economico in cui e' indifferente mantenere o convertire la moneta (con funzione di riserva di valore) in mezzi meno liquidi - e' sempre preferibile mantenere la moneta, per le diverse funzioni che essa svolge: misura del valore, mezzo di scambio e riserva di valore. La moneta quindi convertita in mezzi meno liquidi, tende naturalmente a riconvertirsi in moneta in quanto gli altri mezzi non consentono di svolgere agevolmente tutte le funzioni intrinseche alla moneta. L'investimento finanziario e' la conversione (a tempo determinato) della moneta in mezzi meno liquidi non produttivi. L'investimento produttivo e' la conversione (a tempo indeterminato) della moneta in mezzi meno liquidi utilizzati per la produzione di beni e servizi. Il differenziale di rendimento tra l'investimento finanziario e l'investimento produttivo e' dato dal saggio di profitto = (rendimento dell'investimento produttivo) - (rendimento dell'investimento finanziario), e puo' essere anche considerato come la remunerazione della rinuncia al diritto della riconversione in moneta dell'investimento, diritto (alla restituzione della moneta) che viene invece mantenuto in caso di investimento finanziario. Il tasso di interesse rappresenta la remunerazione del costo opportunita' ossia della rinuncia a mantenere moneta in favore di mezzi meno liquidi privi di rischio, pertanto il tasso di interesse e' un'entita' puramente matematica, non reale, dato che non esistono in natura mezzi meno liquidi della moneta, privi del rischio di fallire in futuro la riconversione, dai mezzi meno liquidi alla quantita' di moneta iniziale, oltre alla remunerazione della sua rinuncia (del costo opportunita'). Il rischio non si puo' eliminare in quanto connesso con l'impossibilita' fisica di avere certezze sul futuro. Il tasso di interesse si puo' ottenere sottraendo dalla "curva dei tassi" degli investimenti finanziari (es. titoli di stato) determinata dagli attori del mercato, il premio per il rischio: (curva dei tassi) - (premio per il rischio) = tasso di interesse. Il premio per il rischio rappresenta la remunerazione dei rischi canonizzati: rischio politico o rischio paese, rischio di controparte, rischio di liquidita', rischio di cambio, rischio finanziario e rischio di settore o di business. A questi rischi canonizzati dovra' essere aggiunto un ulteriore rischio che non e' stato ad oggi canonizzato e che servirebbe anche per eliminare la distorsione della convenzione della matematica finanziaria, e cioe' che il tasso di interesse (i) e' una variabile che dipende dal tempo (t) ma e' indipendente dal capitale (C), mentre in realta' (i) dipende sia da (t) che da (C). In fatti, secondo tale convenzione, oggi capita che l'investitore nel bene X percepisce il medesimo tasso di interesse sia che investa 1000 sia che investa 100.000.000.000=. Questa e' una distorsione che puo' essere eliminata aggiungendo ai rischi canonizzati il rischio per l'ammontare del capitale investito (cioe' un invested capital-size risk) per cui piu' e' grande l'ammontare del capitale investito piu' e' rischioso riconventirlo in moneta.
Ad esempio, poniamo di avere al 1 giugno 2011, Eur 100 liquidi e di prendere in considerazione l'opportunita' di convertire la somma in titoli di stato per 1 anno (investimento finanziario). Dato che l'investimento e' di tipo finanziario tralasciamo ogni valutazione inerente al saggio di profitto. Ipotesi A) Poniamo che il tasso di deprezzamento della moneta (inflazione o deflazione) sia pari al 2,6% annuo. Poniamo che il rendimento annuo netto del titolo di stato sia del 1,75%, rendimento che ingloba il tasso di interesse, inteso come remunerazione del costo opportunita' della conversione della moneta, piu' il premio per rischio; trattandosi di un investimento finanziario il rendimento annuo non comprende il saggio di profitto che si puo' ottenere solo investendo in modo produttivo (senza diritto alla riconversione della moneta). 1. Se non convertiamo gli Eur 100 in titoli di stato, a fine annuo avremo (senza rischi) moneta equivalente a Eur (100 - 2,6%)= Eur 97,40; 2. se investiamo nel titolo di stato a fine anno avremo (con dei rischi) moneta equivalente a Eur (100 + 1,75% - 2,6%)= Eur 99,15. Ipotesi B) Poniamo adesso al posto dell'inflazione al 2,6%, una deflazione del -0,9% ed un rendimento del titolo all'1%; nel caso 1) dopo un anno avremmo equivalenti Eur (100 + 0,9%)= Eur 100,9 senza rischi; nel caso 2) dopo un anno avremmo equivalenti Eur (100 + 0,5% + 0,9%)= Eur 101,4 assumendo dei rischi. Il differenziale di rendimento tra il caso 1) e 2) delle ipotesi A) e B) sono rispettivamente 1,75% e 0,5%. Le valutazioni si complicano se si introducono investimenti produttivi e valute diverse. Pare comunque piu' credibile e verosimile che la scelta se fare o meno l'investimento sara' dettata dal trade-off rischio-rendimento al tempo della scelta, e cioe' dalla risposta alla domanda: "in ragione del rendimento netto che mi viene oggi offerto o prospettato (nell'esempio: 1,75% o 0,5%), mi conviene o meno convertire la moneta in mezzi meno liquidi, assumendomi il rischio di non poterla riavere nel tempo e nelle quantita' oggi prestabilite?" Piuttosto che da valutazioni sulle aspettative future difficili da rappresentare. [Cfr. strategia PIMCO sul debito governativo: http://www.bloomberg.com/news/2011-03-09/gross-drops-government-debt-from-pimco-s-flagship-fund-zero-hedge-reports.html]. Questo modello - che potremmo chiamare "FIX-THE-BUG-IN-CAPM MODEL" - appare molto piu' realistico del Capital Asset Pricing Model - CAPM, in quanto ammette che nel mondo reale il tasso di interesse senza rischio (risk-free rate) semplicemente non esiste, mentre il CAPM assume esistere il tasso di interesse privo di rischio, nel caso in cui l'investimento sia privo di volatilita' (BETA=1), cosa che ovviamente - sia nella teoria che nella pratica - non e' vera! Per un'analisi del CAPM cfr. Womack, Kent L. and Zhang, Ying, Understanding Risk and Return, the CAPM, and the Fama-French Three-Factor Model. Tuck Case No. 03-111. [Disponibile presso SSRN: http://ssrn.com/abstract=481881].


(6) A.Saunders, M.M.Cornett, M.Anolli, Ed. McGraw-Hill (2004)


(7) Cfr. Art. 11, Testo Unico Bancario (TUB), D.Lgs. 385/1993, attualmente in vigore. La riserva della raccolta del risparmio tra il pubblico in favore delle banche e' stata introdotta nell'ordinamento italiano con la legge bancaria del 1936 (cfr. Art. 1, R.D.L. 375/1936). Secondo tale legge la raccolta del risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito erano qualificate funzioni di pubblico interesse, mentre oggi - secondo l'odierno testo unico bancario - tali attivita' sono qualificate come attivita' d'impresa "riservate". La legge bancaria del 1936 fu elaborata durante il fascismo e preparata dalla Corporazione della Previdenza e del Credito. Il duce approvo' un primo schema di decreto legge il 3 marzo 1935. Prima del 1926, l'esercizio dell'attivita' bancaria, ed in generale l'esercizio di attivita' economiche, era libero ed il legislatore si preoccupava solo di regolamentare l'emissione della moneta cartacea, e cio' in seguito allo scandalo della Banca romana, la costituzione della Banca D'Italia (cfr. Legge 10 agosto 1893 n.449) con la fusione della Banca nazionale del Regno d'Italia, la Banca nazionale toscana e la Banca toscana di credito, in grave stato di decozione dopo la crisi del 1893, con denuncia di gravi scandali nella conduzione interna della Banca nazionale e nei rapporti col governo. Dal 1926 sino al 1936, all'alba dell'autarchia, i principi del liberismo economico iniziarono a trovare le prime eccezioni, per cui furono dettate particolari discipline per il settore del credito fondiario e del credito agrario. La riserva corporativa dell'attivita' di raccolta del risparmio tra il pubblico in favore delle banche, si e' perpetrata anche nell'attuale normativa nonostante essa non sia piu' qualificata dal legislatore come funzione di pubblico interesse e nonostante l'art. 47, della Costituzione proponga una visione cooperativa (e non corporativa o fascista) dell'esercizio del credito. Non da ultimo bisogna anche evidenziare che il sistema (economico) bancario di stampo corporativo ed autoreferenziale a tutt'oggi vigente - con banche universali sorrette da antistorici privilegi ed inquitanti conflitti di interesse e con banche centrali che fanno politica economica, e non solo monetaria, senza un controllo democratico - non solo risulta privo di utilita' sociale (anche a causa del modello di gestione del rischio di credito c.d. originate to distribute model), ma addirittura puo' essere gravemente dannoso per la sicurezza, la liberta' e la dignita' sociale, come la recente crisi dei mutui sub-prime ha dimostrato! L'abolizione della riserva della raccolta del risparmio in favore delle banche e' indispensabile per ristabilire i principi di cooperazione, utilita' sociale, sicurezza e dignita' umana sanciti dall'art. 41 della Costituzione, validi anche per settore del credito, dopo che la riforma del Testo Unico Bancario ha definitivamente sancito che la banca e' impresa e non piu' funzione di pubblico interesse. Lo Stato ha il dovere di incoraggiare e tutelare il risparmio oltre che disciplinare, coordinare e controllare l'esercizio del credito in termini piu' rispettosi delle liberta' di iniziativa economica ed utilita' sociale di quanto non abbia fatto sino ad ora, affrancandosi da modelli corporativi, anacronistici ed autoreferenziali di legiferazione nel settore del credito. Pessimi esempi recentissimi di legiferazione corporativa ed illiberale sono gli ultimi interventi sul T.u.f. e sul T.u.b. per i consulenti finanziari, mediatori credizi e per gli agenti in attivita' finanziaria, tendenti piu' a creare barriere all'entrata per oligopoli nel settore del credito e del risparmio, piuttosto che effettivi vantaggi per i consumatori. Queste metodologie di legiferazione sono nate in periodi storici in cui vigevano principi autarchici, illiberali ed antidemocratici di conduzione dell'economia, nettamente in contrasto con i principi di uguaglianza, liberta' e cooperazione delle moderne democrazie.


(8) DPR 12/12/2006, Statuto della Banca D'Italia, Art.1


(9) A fronte di questo compito assegnato dallo stato alla banca centrale, quest'ultima ottiene un reddito che e' definito "signoraggio" [http://www.bancaditalia.it/bancomonete/signoraggio]

(10) Ad esempio, la BCE si propone di mantenere su livelli inferiori, ma prossimi al 2% l'aumento dei prezzi. Trattato che istituisce l'Unione Europea, Art. 105 [http://www.bancaditalia.it/banca_mercati/polmon/obiettivi]


(11) I controlli di vigilanza si basano sulla raccolta e sull'esame di documenti e di dati statistici e contabili che i soggetti vigilati inviano alla Banca D'Italia, e sulle ispezioni che consistono in verifiche condotte dai dipendenti della Banca D'Italia presso le banche e gli altri intermediari finanziari. [http://www.bancaditalia.it/vigilanza]


(12) Testo Unico Bancario (TUB), D.Lgs. 383/1993, Art. 5.


(13) La teoria dell'asimmetria informativa trova in George Akerlof uno dei padri fondatori. Per spiegare la teoria egli fa' riferimento al mercato delle auto usate. [http://emlab.berkeley.edu/users/akerlof/]


(14) In Italia, D.Lgs. 659/1996, Fondo Interbancartio di Tutela dei Depositi [http://www.fitd.it/] - Negli Usa, Federal Deposit Insurance Corporation [http://www.fdic.gov/]


(15) C.A.Ciampi, Il Credito di ultima istanza, Milano 21/02/1992 [http://www.carloazegliociampi.it/71?resource_1681=12202]


(16) ivi, cap. 1, nota n. 8


(17) v. moltiplicatore monetario, Wikipedia [http://it.wikipedia.org/wiki/Moltiplicatore_monetario]. In epoca medioevale (1128 - 1312), l'Ordine dei Milites Templi Salomonis fu indubbiamente la prima organizzazione globalizzata a beneficiare del moltiplicatore monetario (croce e delizia di questi primi "impopolari banchieri") [cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Cavalieri_templari oppure http://fr.wikipedia.org/wiki/Ordre_du_Temple]. La storia attesta l'abilita' dei templari nella gestione finanziaria. Grazie a lasciti, donazioni ed altre liberalita' i Cavalieri del Tempio divennero presto facoltosi proprietari di terre e patrimoni. I continui viaggi in Terrasanta, le franchigie di cui godevano per la diretta dipendenza dal papa, avevano fatto si che la loro flotta diventasse la piu' veloce e sicura del Mediterraneo. I templari dietro compenso organizzavano il trasporto dei pellegrini e dei loro beni in Terrasanta. Molti potenti dell'epoca, vista l'affidabilita' acquisita dall'Ordine, gli affidarono sia la gestione che la custodia nelle loro fortezze di tesori ragguardevoli. Per allievare i pellegrini durante il viaggio in Terrasanta dal peso delle monete d'oro, o per agevolare i mercanti che durante i viaggi temevano assalti di briganti o altri rischi, inventarono le "lettere di credito" o "lettere di cambio" (la moderna moneta bancaria: gli assegni). Il pellegrino in partenza - anziche' viaggiare per l'Europa con pesanti e pericolosi fardelli - depositava le monete presso l'Ordine dietro il rilascio di una ricevuta che esibiva al suo arrivo in Terrasanta per ritirare il corrispondente controvalore di monete d'oro o d'argento presso un'altra fortezza dell'Ordine. In sostanza, la leggera e disprezzata carta (da poco aveva sostituito la pergamena) circolava al posto del pesante e pericoloso metallo. [Cfr. http://www.templaricavalieri.it/storia.htm]. Col tempo i templari si accorsero che solo una parte dei valori depositati presso di loro veniva materialmente riscossa. Ciò accadeva perche' i creditori - per comodita' e per l'affidabilita' acquisita dall'Ordine nell'onorare la restituzione dei depositi - accettavano in pagamento le ricevute di deposito al posto delle monete d'oro. Nacque cosi' il proto-tipo della carta moneta. Non solo, i templari iniziarono a prestare dietro compenso (interesse), oltre al patrimonio dell'Ordine, anche quella parte di monete d'oro depositata dai terzi che giaceva improduttiva nelle loro fortezze. Cosi' ad esempio, nel Regno di Francia di Filippo IV detto il bello, circolavano come mezzi di pagamento oltre alle monete d'oro e d'argento coniate dalla Zecca del Regno, anche le "lettere di credito" emesse dall'Ordine, il cui controvalore complessivo pero' non corrrispondeva interamente alle monete metalliche depositate nelle loro fortezze, ma solo ad una frazione di esse. [Cfr. http://www.ricerchetemplari.it/l'economia.htm]. Non per nulla i templari quando furono condannati al rogo, furono accusati (oltre che di eresia, di sodomia e di praticare irregolari indulgenze) di arricchire l'Ordine in modo illecito e di necromanzia, ossia di praticare lo spiritismo, perche' sarebbero stati capaci di trasmutare i metalli in oro. Con gli occhi di oggi pare chiaro che questa capacita' di creare l'oro non fu frutto dell'alchimia, ma della "magia" del moltiplicatore monetario! E fu forse l'inflazione e non l'eresia a decretare la fine dei Cavalieri del Tempio! "Nel 1306, in occasione d'una svalutazione della moneta, insorgono gli artigiani parigini, e Filippo il bello sopprime temporaneamente tutte le corporazioni" (cfr. J.Le Goeff, 1967, Feltrinelli, Milano).


(18) L'attivita di impresa bancaria, cosi' come strutturata nelle banche universali - con modelli di business che scaricano all'esterno il rischio di credito, con rilavanza economica tale da impedire di essere lasciate fallire, cosi' da costringere i governi ad intervenire con ingenti risorse pubbliche per ripianare le loro perdite e preservare il risparmio privato - difficilmente si puo' collocare, in Italia, nell'alveo dell'art. 41, della Costituzione, che stabilisce che l'iniziativa economica privata ... non puo' svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale. Sicche', viste le gravissime implicazioni che comporta il fallimento di una banca universale, la sua attivita' economica privata si pone in contrasto con il dettato costituzionale e la legge dovrebbe vietare (limite negativo) che si formassero conglomerati bancari tali da costituire un reale pericolo per le finanze pubbliche e per il risparmio dei cittadini. La legge dovrebbe invece indirizzare e coordinare l'attivita' bancaria privata in modo tale da perseguire fini sociali, senza rischiare l'impoverimento della nazione. In questo contesto, la riserva (per qualsiasi ammontare anche minimo) della raccolta del risparmio tra il pubblico in favore delle banche, prevista dall'art. 11, D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario - T.U.B.), se un tempo era tesa a costituire un oligopolio dell'impresa bancaria nel settore del credito per rafforzarla, oggi appare anacronistica e - dati gli enormi progressi tecnici e tecnologici per il controllo della moneta - del tutto ingiustifica oltre che pericolosa per la liberta' e la democrazia.